Il rapporto medico-paziente in un trattamento di psicoterapia si contraddistingue per un’intricata relazione che riveste caratteristiche complesse, attinte in parte dalla sfera del contratto di servizio, in parte dalla sfera della generalità dei rapporti interpersonali.
Se infatti è vero che una espressa dimensione del rapporto tra il medico e il paziente è quella della “cura del sintomo”, è anche vero che nella relazione che si instaura tra il paziente e il professionista (e, per certi versi, soprattutto nella psicoterapia) ad entrare in gioco è anche la dimensione personale, considerato che rileveranno in modo decisivo le emozioni, la psicologia e le caratteristiche sociali della persona.
Ma quali sono le caratteristiche dovrebbero contraddistinguere un positivo rapporto tra il medico e il paziente? E come può il medico instaurare una relazione più proficua e soddisfacente nei confronti del proprio paziente durante le sessioni di psicoterapia?
Una questione di asimmetria e di regole
Il primo aspetto che rileva nell’analisi del rapporto medico-paziente in un trattamento di psicoterapia è l’evidente presenza di un’asimmetria tra le due parti: al di là degli obblighi di natura giuridica e morale in capo al medico, appare chiaro come tra le due parti sia il paziente quella decisamente più vulnerabile.
Il paziente che si rivolge al proprio medico è infatti una persona che si trova in uno stato di fragilità, è spesso indifeso e, altrettanto frequentemente, turbato dalla condizione patologica che lo riguarda. Proprio a causa di tali difficoltà il paziente sceglie di rivolgersi al medico di fiducia nutrendo nei suoi confronti aspettative di supporto, assistenza e guida, in un processo che dovrebbe condurlo a una guarigione o, comunque, in un migliore stato di benessere.
La condizione di asimmetria sopra descritta ci conduce a considerare il rapporto medico-paziente come un intricato insieme di regole, spesso non scritte, il cui rispetto non solamente eviterà l’insorgere di controversie e malintesi, ma potrà incrementare il livello di efficacia e di qualità nella reciproca partecipazione in questo contesto relazionale. Proviamo a vedere le principali.
Due ruoli separati, con diverse aspettative da soddisfare
Oltre ad essere caratterizzato dalla già citata asimmetria, il rapporto tra il medico e il paziente in una sessione di psicoterapia deve altresì essere disciplinato dalla presenza di ruoli ben definiti, complementari e non certo sostituibili.
Proprio in virtù del dettaglio di ciascun ruolo, ogni parte che interverrà in questa relazione non potrà che avere delle aspettative da soddisfare, il cui raggiungimento (o meno) finirà con l’alimentare la positiva (o negativa) considerazione del rapporto umano e professionale.
Di particolare rilievo – poiché, come si è visto, parte debole e vulnerabile – dovranno essere soprattutto le aspettative del paziente, che il medico dovrebbe ben comprendere e accompagnare in un percorso di soddisfazione integrale.
Si pensi, per esempio, al desiderio del paziente:
- di essere ricevuto, ascoltato e compreso,
- di non ricevere giudizi, commiserazioni o compatimenti dal medico,
- che il proprio medico abbia competenze professionali e umane utili per instaurare una positiva relazione e una comunicazione che possa poggiare su una completa comprensione di sé,
- di essere valutato come persona e non come cartella clinica,
- di essere supportato lungo tutto il processo, in modo continuativo e senza interruzioni o sensazioni di abbandono.
Il contesto nel trattamento di psicoterapia
Sebbene il trattamento di psicoterapia sia un processo che prosegue nel tempo, il medico deve avere ben chiaro come tali interventi si esplicitino in una serie di momenti molto concreti, limitati nel tempo (gli orari e la durata delle visite) e nello spazio (tipicamente, lo studio del medico).
Entro tali limiti temporali e spaziali la relazione tra il medico e il paziente dovrà pertanto svolgersi, in condizioni di intimità e riservatezza.
Di fatti, sebbene l’accesso alla sfera intima del paziente da parte del medico sia legittimato dalla necessità della cura della condizione di malessere della persona, è pur sempre necessario rammentare quanto sia importante creare caratteristiche di fiducia e di rispetto nell’accesso alla sfera più prossima al paziente, e rispettare i canoni che consentono al paziente di riconoscere il diritto del medico di attingere alla propria sfera più personale, senza che egli se ne senta turbato.
Si pensi, a titolo di esempio, alla necessità che la relazione tra il medico e il paziente venga svolta all’interno di luoghi professionali (lo studio medico, un ospedale, una clinica, ecc.), che sia percepito un regolare compenso, che il medico – laddove previsto – utilizzi il camice, e così via.
Conclusioni
A margine di questo breve approfondimento sul rapporto tra medico e paziente nella psicoterapia, non possiamo non rammentare come, date le specifiche caratteristiche di questo rapporto, sia molto importante che il medico si ponga dinanzi al paziente con la necessaria consapevolezza.
Tra le leve che possono influenzare maggiormente il buon esito della relazione vi è sicuramente la capacità di ascolto e di comunicazione adeguata con il paziente, così come il già rammentato rispetto delle regole che disciplinano questo complesso rapporto professionale.